27 giugno 2009

Letteratura nel quadrante 15

L'Abate lo interruppe. "Bene. Come vedi il rotolo 'H' contiene diversi ordini segreti. Devono rimanere tali. Ma, in fondo, che cosa c'è di male nei segreti? Le nostre paure più profonde e le nostre speranze più ardite sono quelle che
teniamo più nascoste. Le porcherie, il tormento, la vergogna, le passioni e le gioie: tutte le cose veramente importanti della vita sono tenute ben celate. Ma la segretezza implica una percezione, che è condivisa da pochi."
L'Abate continuò: "Un segreto è una parte a parte, al di fuori della generale conoscenza. E proprio ciò che è al di fuori della generale conoscenza, è più vicino alla verità. Tutto quello che verrai a sapere in questo lavoro, rimarrà fra noi. Gli altri ne sanno ben poco. Nessuno tranne te è al corrente di tutti gli aspetti delle Ore. Se non altro, ti avrò insegnato che l'apparenza più innocente, si tratti di uomini o di orologi non fa differenza, può nascondere gli scandali più complicati." L'Abate richiuse la cassa con un colpo secco.

***KURTZWEIL ALLEN, La scatola dell'inventore, pag.89, Bompiani

Letteratura nel quadrante 14

Chi passa la notte sveglio nel letto a Sarajevo, può udire le voci della sua oscurità. Pesantemente e inesorabilmente batte l'ora sulla cattedrale cattolica: due dopo la mezzanotte. Passa più di un minuto (esattamente, ho contato, settantacinque secondi) e solo allora si annuncia, con un suono più debole, ma acuto l'orologio della chiesa ortodossa che batte anch'esso le sue due ore. Poco dopo si avverte con un suono rauco e lontano la Torre dell'orologio della Moschea del bey, che batte le undici, undici ore degli spiriti turchi, in base a uno strano calcolo dei mondi lontani e stranieri. Gli ebrei non hanno un loro orologio che batte le ore, il
dio malvagio è l'unico a sapere che ore sono in quel momento da loro, quante in base al calcolo sefardita, quante secondo il calcolo degli askenazi. Così anche di
notte, mentre tutto dorme, nel conto delle ore vuote del tempo veglia la differenza che divide questa gente assopita che da desta gioisce e soffre, che si nutre o digiuna in base a quattro calendari diversi, ostili fra loro, e che rivolge
tutte le sue preghiere allo stesso cielo in quattro diverse lingue ecclesiali. E questa differenza, talvolta visibilmente e apertamente, talvolta in maniera sotterranea e subdola, è sempre simile all'odio, col quale spesso si identifica.

***ANDRIC IVO, Lettera del 1920, in "Racconti di Sarajevo", pag.33,
Newton Compton

Letteratura nel quadrante 14

Per la strada mi ha detto monsieur Auzout che il re ha mandato sulla flotta due orioli col pendolo fatti per la longitudine, i quali per sottrarre dal ricevere l'impressioni del comun movimento della nave, sono appesi ad una forte snodatura di metallo, nel muovere la quale s'estingue una gran parte dell'impeto; e son collocati in una pesante custodia di ferro, se non mi sbaglio, per farli ancora più retinenti
al moto. Ancora non se ne sa la riuscita. Mi ha detto inoltre che un oriolaio, dal quale mi condusse, ha fatto un oriolo col pendolo che si muove per la circonferenza
d'un ovato. L'invenzione è dell'Huygens, o almeno egli la pretende.

***LORENZO MAGALOTTI. Diario di Francia dell'anno 1668, pag.64

Letteratura nel quadrante 13

Il presidio era l'estremo rifugio di chi non voleva assolutamente andare alla guerra. Io ho conosciuto un professore supplente che prestava servizio nella sua qualità di matematico, e che nell'arma di artiglieria rubò l'orologio a un
tenente per poter stare al sicuro nel carcere presidiario. Egli aveva agito così dopo una matura riflessione, perché la guerra non lo attirava né lo entusiasmava. Sparare sui nemici e uccidere dall'altra parte, a forza di spolette e granate, dei supplenti di matematica altrettanto disgraziati di lui, gli sembrava una bela sciocchezza.
"Io non voglio farmi odiare per la mia brutalità," s'era detto, ed aveva eseguito freddamente il furto dell'orologio.
Dapprima esaminarono il suo stato mentale, ma quando ebbe dichiarato che l'aveva fatto per arricchirsi, lo rinchiusero nel carcere presidiario.

***JAROSLAV HASEK, Il buon soldato Sc'veik, pag 90



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Letteratura nel quadrante 12

Quando si trovaron di fronte, a metà della seconda branca di scala, il segretario di fermò, levandosi il cappello, e invece di guardar la Pedani, vinto dalla timidezza, guardò, come faceva sempre, la sua compagna; la quale, anche questa volta, credette d'esser lei la cagione del suo turbamento, e lo incoraggiò con un sorriso amorevole. E tennero uno dei soliti dialoghetti stupidi di quelle occasioni.
-Così presto vanno alla scuola?- balbettò lui.
-Non è tanto presto,- rispose con voce dolce la maestra Zibelli;- sonoa momenti le otto e tre quarti.
-Credevo... le otto e mezzo.
-I nostri orologi vanno meglio del suo.
-Può darsi. C'è una nebbia questa mattina!

***EDMONDO DE AMICIS, Amore e ginnastica, pag.4

Letteratura nel quadrante 11

Guardai l'orologio. Sorprendente: ad eccezione di quando parlo con lei, io non ho mai veduto il suo sguardo puntar su di me, e cionondimeno lei riesce a vedere ogni mio movimento.-" Ah,ma guarda che orologio rosa che ha!"- Mi offese assai che si potesse trovar rosa il mio orologio Bréguet, mi parve una cosa altrettanto offensiva che se mi si fosse detto che il mio gilet è rosa. E dovetti rimanerne palesemente
confuso, giacché quando dissi che anzi era un orologio molto bello, lei si confuse a sua volta.- Si vede che le dispiacque d'aver detto una cosa che mi aveva messo
in una situazione imbarazzante. Entrambi capimmo che tutto ciò era buffo, e sorridemmo. E' stato molto piacevole per me, sentirmi confuso e al contempo sorridere. Va da sé che erano due sciocchezze, ma avvennero proprio così,
contemporaneamente.- Io li amo, questi rapporti misteriosi che s'esprimono in un sorriso innavvertito e nello sguardo, e che non si possono spiegare.


***LEV TOLSTOJ, Storia della giornata di ieri, pag.8 Meridiani

Letteratura nel quadrante 10

A metà strada mi capitò per caso di dare uno sguardo al mio vecchio cronometro d'argento, ricordi dei giorni del Boreal... Come posso ancora perdere la testa per un nonnulla, per un nulla, santo cielo, veramente non capisco! Solo perché le lancette, per pura coincidenza, segnavano le tre e dieci, ossia il momento in cui tutti gli orologi di Londra si erano fermati- perché ogni città ha le sue mille fantasmagoriche dita, ancora puntate sul momento della sciagura- le 3.10, a Londra, una domenica pomeriggio. Me ne ero accorto la prima volta mentre risalivo il fiume, guardando il quadrante del <>, e adesso scopro che tutti gli orologi,
tutti hanno questa mania delle 3.10, di segnare ancora l'ora... della fine del Tempo; di indicare per sempre eternamente quell'unico momento: perché la nube di
scorie polverulente avrà fermato immediatamente il loro meccanismo, facendoli sprofondare nel silenzio assieme agli uomini; ma nel loro insistere in quel minuto determinato avevo trovato qualcosa di solenne, eppure solenne per burla, ironico, e in un certo senso come rivolto a me, che quando il mio orologio ebbe l'insolenza di segnare la stessa ora, mi prese uno di quei parossismi d'affanno, metà per la
rabbia, metà per l'orrore, che avevo ormai quasi dimenticato, da quando ho lasciato il Boreal. Il giorno dopo, ahimè!, mi aspettava un altro di questi attacchi; e
ancora un altro il giorno susseguente.


***SHIEL M.P. La nube purpurea, Adelphi, pag 171